San Leo

Nel cuore del Montefeltro si erge una massa calcarea, un muro di pareti rocciose ricoperte di vegetazione a strapiombo sulla vallata.
Questo sperone di roccia si chiama Monte Feretro ossia Mons Feretri, dal latino Jupiter Feretrius, il Dio Giove Feretrio cui i romani dedicarono il tempio che sorgeva sulla sua vetta.
Furono sempre i romani a costruire nel III° secolo una fortificazione sul punto più alto della sommità.

sanleoLa particolare conformazione geologica, a cavallo tra nord e sud, tra mare ed entroterra, ne fece una fortezza naturale in posizione privilegiata, strategicamente ottimale per il controllo delle vie di comunicazione, perciò contesa tra goti, bizantini, longobardi e franchi.

Il nome Civitas Sanctis Leonis le fu conferito nel X° secolo dalla Chiesa, in onore del santo Leone Dalmata, compagno di San Marino e proveniente dalla Dalmazia, che durante le persecuzioni dei cristiani, sotto l’imperatore Diocleziano, decise di fare di questa piccola comunità il luogo di diffusione del cristianesimo.
Fondata la piccola chiesa dedicata a Maria Assunta, San Leo si impegnò nella complessa ma fortunata opera di evangelizzazione del territorio circostante.

Il borgo passò nelle mani della chiesa nel 756, quando il re dei franchi Pipino il Breve, sconfitti i longobardi di Astolfo, la donò al papato.
Al termine dello stesso secolo fu costruita la pieve e vi si insediò il vescovado. La diocesi comprendeva le valli del Marecchia, del Foglia e del Savio, estendendosi fino ai territori di Carpegna, Marciano, San Marino, Macerata Feltria, Casteldelci, Sant’Agata Feltria, Talamello e Sestino.

L’importanza riconosciuta a San Leo fu tale che Berengario II, ultimo re longobardo d’Italia e marchese d’Ivrea, ne fece nel 962 la capitale del Regno Italico.

Fu a San Leo che iniziò l’avventura della potente famiglia dei Montefeltro.
Quando verso la metà dell’XI° secolo Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, fu incoronato re di Germania, i conti di Montecopiolo scesero da Carpegna.
Qualche decennio più tardi fu lo stesso Barbarossa a donar loro la città di San Leo, capitale dello stato del Montefeltro, in segno di riconoscenza per i servigi militari.
Di qui si trasferirono solo nel 1234, dopo che Buonconte e Taddeo ricevettero da Federico II il titolo nobiliare di Conti d’Urbino.
San Leo divenne amministrazione autonoma, e di li a poco capoluogo della Provincia Feretrana.

Tra alterne vicende tornò nuovamente sotto il dominio dei Montefeltro, per la precisione del Conte Federico, nell’ottobre del 1441.

Nel frattempo i progressi della tecnologia bellica e l’utilizzo della polvere da sparo avevano compromesso la capacità difensiva della fortezza medievale, un tempo ritenuta imprendibile.
Il duca di Urbino iniziò un’opera di profonda ristrutturazione che fu affidata ad uno dei più brillanti e valenti architetti militari dell’epoca: il senese Francesco di Giorgio Martini.
Il mastio fu completamente ridisegnato, fu eretta una doppia cortina con rivellino tra i due poderosi torrioni circolari. La nuova forma permetteva di rispondere al fuoco nemico con una controffensiva dinamica, tale da poter garantire direzioni di tiri incrociati, da qualsiasi punto provenisse l’attacco.
Le importanti vicende guerresche che seguirono contribuirono ad alimentare la leggenda della sua inespugnabilità.

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Nel 1631 con la devoluzione del Ducato di Urbino allo Stato Pontificio, la rocca perse la sua funzione militare e fu riconvertita in carcere.
Più di un secolo dopo, nel 1788 il governo pontificio incaricò l’architetto Giuseppe Valadier di apportare le necessarie migliorie al fine di rendere le carceri meno insalubri.

Legata indissolubilmente alla rocca è la vicenda di Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, misterioso e affascinante personaggio, alchimista, mago e massone.
Condannato per eresia al carcere a vita, Cagliostro trascorse la detenzione nella cella del pozzetto, un lugubre ed angusto antro al quale era possibile accedere solo tramite una botola a soffitto.
“Balsamo non deve parlare con nessuno, vedere nessuno, essere visto da nessuno”, questi i raggelanti ordini che scandirono gli ultimi tristi anni della sua vita, stroncata da un infarto il 26 di agosto del 1795.

San Leo, per la bellezza ed il pregio del borgo, rientra nel club de “I Borghi più Belli d’Italia”, ed è classificata “Bandiera arancione” dal Touring Club Italia per il patrimonio storico, culturale e ambientale di pregio e per un’offerta turistica d’eccellenza.
Splendida città d’arte ricordata da Dante Alighieri nella Divina Commedia, cuore pulsante del Montefeltro e città che gli ha trasmesso il nome, San Leo è una gemma incastonata nell’entroterra riminese e ancor oggi custodita in tutta la sua originaria bellezza coi suoi edifici romanici (Pieve, Cattedrale e Torre) e la bellissima piazza intitolata a Dante, che vide San Francesco ricevere in dono dal Conte di Chiusi il Monte della Verna.

Tra i più illustri palazzi rinascimentali da visitare vi sono quello Mediceo sede del Museo di Arte Sacra, il Palazzo Della Rovere, sede del municipio e la residenza dei Conti Severini-Nardini.

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