Sul crinale di una collina tra la valle del fiume Conca in Romagna e quella del fiume Foglia nelle Marche, sorge uno dei castelli meglio conservati del territorio.
In un paesaggio sospeso dove il tempo sembra essersi fermato, il verde della natura selvaggia e rigogliosa delle dolci e morbide colline si alterna alle fenditure dei calanchi ed al colore caldo del laterizio di antiche strutture militari e difensive, reduci da un accurato e meticoloso restauro che le ha riportate agli antichi splendori.
Questo remoto borgo a pianta rettangolare, un tempo denominato Monte Loro, dagli arbusti di alloro che crescevano copiosi sulle sue pendici, derivò la sua attuale etimologia probabilmente da una parola di origine germanica, Hrodulfus o Ridulfus, alterazioni del latino Reduvius, usata in epoca alta-medievale col significato di “sterposo, rozzo”.
Fin dal VI° secolo le popolazioni delle valli furono spinte a rifugiarsi sui pendii di questo colle dalle frequenti scorrerie di ostrogoti, bizantini e longobardi.
Dopo l’anno 1000 Montegridolfo figura tra i beni appartenenti all’Abbazia di San Pietro di Rimini.
Nel 1228 Fusculus de Monte Gradulfo si sottomise insieme ad altri cittadini dei vicini castelli al Comune di Rimini, sappiamo che nel 1200 passò sotto il dominio malatestiano e che nel 1233 il Console di Montegridolfo Pasitto decise di sostenere Rimini nella guerra contro Urbino.
La fedeltà ai Malatesta costò a Montegridolfo numerosi attacchi dagli eserciti dei Montefeltro, ma paradossalmente furono le armi di Ferrantino Novello, cugino dei Malatesta e alleato con Urbino, a saccheggiare e distruggere nel 1336 il borgo.
L’anno seguente Galeotto Malatesta ricostruì il castello, allora abitato da 250 persone e nel 1338 provvide a dotarlo di poderose fortificazione, una cinta muraria circondata da quattro possenti torrioni.
La storia di Montegridolfo è quella comune a tante località limitrofe, un susseguirsi di vicissitudini e passaggi, un intreccio indissolubile con la grande storia insegnata sui libri di scuola.
Fu investita dall’astro luminoso e fatuo di Cesare Borgia detto il Valentino, divenuto nel 1503 Duca di Romagna, passò di mano ai veneziani nel 1504 per entrare poi nel 1509 nello Stato della Chiesa.
Nel 1769 vide salire un suo illustre cittadino al soglio pontificio col nome di Clemente XIV, noto per la soppressione della Compagnia di Gesù.
Nel 1797 invasa dalle truppe napoleoniche fu annessa nel distretto di Saludecio e inglobata nella Repubblica Cisalpina, finché con la restaurazione in seguito al congresso di Vienna nel 1818 venne restituita alla Chiesa. Assistette nel 1849 alla breve parabola della Repubblica Romana per tornare nuovamente tra i possedimenti papali. Nel 1859 venne finalmente annessa al costituendo Regno d’Italia.
Ma gli eventi più tragici e bui della sua storia furono senza dubbio quelli occorsi nel 1944, che la videro diventare centro nodale sul versante adriatico della Linea Gotica, baluardo difensivo dell’esercito tedesco.
Punto di osservazione privilegiato della Valle del Foglia e delle colline riminesi Montegridolfo rivestiva un ruolo strategico di primo piano.
Il 31 di agosto di quell’anno Montegridolfo fu il primo caposaldo collinare della Linea Verde n. 1 liberato dagli Alleati grazie alle eroiche gesta di Gerard Ross Norton, tenente di un plotone del Reggimento Inglese Hampshire, in seguito insignito della cittadinanza onoraria.
Un passato lungo e tormentato quello trascorso tra le mura eleganti e severe di questa magnifica fortezza romagnola, i cui echi rimbalzano ancora tra chiese, palazzi e vallate.